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Weaponized interdependence
Obiettivi di oggi:
— Interdipendenza economica come arma di potere
— Instabilità e linee guida EBA
— Le prime sanzioni al mondo
Numero 4
Ratio vos salutat.
Quis contra nos? Questo motto latino, attribuito alla Lettera ai Romani di san Paolo, significa letteralmente “chi contro di noi?” La sua versione estesa recita Si Deus pro nobis, quis contra nos? “Se dio è con noi, chi potrà contrastarci?” D’Annunzio lo cambiò in Si Spiritus pro nobis, per togliere di mezzo la volontà divina e inserire un concetto più ampio: sia metafisico, sia estremamente terreno, indicando l’audacia e il coraggio.
L’obiettivo è però lo stesso in entrambe le versioni: incitare gli animi dei seguaci o dei soldati che un potere superiore ci aiuterà a sbaragliare i nostri nemici e antagonisti. Oggi potrebbe essere riformulato ancora una volta in Si pecunia pro nobis, quis contra nos? “Se il denaro è con noi, chi potrà opporsi?”
Questa è il messaggio che sembra accompagnare le decine di pacchetti sanzionatori approvati negli ultimi anni da ONU, USA, UE e alleati, contro Russia, Cina, Corea del Nord, Iran e più di altri 30 paesi nel mondo. In questo numero di Ratio non parleremo della loro efficacia, né ci interrogheremo se sono state in grado di veicolare il loro messaggio sotteso.
Piuttosto, cercheremo di capire qualcosa rispetto a quali implicazioni porta con sé un contesto geopolitico sempre più imprevedibile e instabile e, di conseguenza, di come impatta sull’evoluzione del framework normativo relativo alle sanzioni e delle connesse strategie di compliance.
Ci aiuteranno Beniamino Irdi e, nella loro prima volta su Ratio, Andrea Barnaba ed Emanuele Santarpia.
Buona lettura.
Kevin Carboni | Ufficio stampa Rozes |
Grandi numeri
5.742
Si tratta del totale di individui ed entità attualmente sotto sanzione da parte della sola Unione Europea.
Sanzioni, export control e strategia: come l’interdipendenza economica è diventata arma di potere

L’interdipendenza economica doveva portare pace, concordia e fermare le guerre. Oggi è l’arma che gli attori internazionali si puntano contro a vicenda da sotto al tavolo, come in una scena di Inglourious Basterds, di Tarantino.
Ci spiega cosa sta succedendo nel mondo Beniamino Irdi, Non Resident Fellow presso l’Atlantic Council e CEO di High Ground, political risk consultancy partner per Rozes.
L’interdipendenza economica internazionale è diventata una componente strutturale della competizione strategica tra Cina e Stati Uniti. L’intensificarsi del confronto ha alimentato l’utilizzo di sanzioni, controlli sulle esportazioni e restrizioni sugli investimenti come strumenti di pressione. La loro applicazione in settori chiave, dalla tecnologia ai semiconduttori, fino alle materie prime critiche, è ormai un’arma di guerra economica.
Questa tendenza è stata codificata con il concetto di weaponized interdependence (Farrell & Newman, 2019): in un’economia globale fortemente integrata, le infrastrutture economiche, dalle catene di fornitura ai circuiti finanziari, diventano strumenti di proiezione del potere statale. Gli Stati Uniti hanno aperto la strada a questo approccio, sviluppando già sotto l’amministrazione Biden strumenti extraterritoriali capaci di colpire attori terzi (si pensi al blocco delle esportazioni verso la Cina attraverso Paesi come l’Olanda o la Corea del Sud). Oggi è la Cina a seguire lo stesso sentiero, iniziando a esercitare un controllo strategico sulle proprie filiere: è emblematica, in questo senso, la recente imposizione di restrizioni all’export per alcuni derivati delle terre rare, fondamentali per l’industria tecnologica globale.
La progressiva normalizzazione di queste strategie di coercizione economica rischia di produrre effetti collaterali di portata sistemica. Se la loro applicazione dovesse estendersi oltre i settori strategici più sensibili, la proliferazione dei regimi di controllo potrebbe compromettere l’efficienza e la stabilità dei mercati globali. Nella migliore delle ipotesi si tratta di un processo costoso, nella peggiore di un fattore di forte destabilizzazione delle catene del valore, che indurrà gli attori privati a salvaguardarsi attraverso gravose misure di ridondanza.
Resta da vedere come la Cina deciderà di strutturare l’enforcement delle proprie misure restrittive. Se in passato Pechino si limitava a vietare l’accesso al proprio mercato o ad arrestare lo stop alle forniture di materiali strategici, oggi Pechino si muove verso forme più sofisticate di coercizione economica. Così come alcuni strumenti americani prevedono ispezioni in loco per l’esportazione di tecnologie dual use, la Cina potrebbe introdurre meccanismi analoghi per affermare una propria giurisdizione extraterritoriale nel controllo dei flussi commerciali.
In questo braccio di ferro, l’Europa rischia di trovarsi schiacciata. Un frangente in cui questa tendenza è chiaramente riscontrabile è quella dell’accesso alle materie prime strategiche, incluse le terre rare. Tuttavia, a livello europeo qualcosa si muove. Con il lancio dell’iniziativa ReSourceEU, la Commissione europea sembra voler replicare lo schema già adottato con RePowerEU, prevedendo l’uso del Recovery and Resilience Facility per finanziare progetti su estrazione, riciclo e stoccaggio di materie prime critiche. Ma per competere davvero, l’Europa dovrà affrontare anche il problema della domanda: finché il mercato premia materiali più economici provenienti da Cina o Stati Uniti, i produttori europei resteranno fuori gioco.
Per le aziende questo scenario impone una forte evoluzione delle competenze in materia di compliance. Il processo di adattamento è già in corso e si assiste a una diffusa crescita di unità specializzate in export control, incaricate di mappare la composizione dei prodotti, monitorare l’evoluzione normativa e valutare il trattamento riservato a ciascun componente da parte delle diverse giurisdizioni. La sempre più alta rilevanza delle politiche sanzionatorie nei rapporti economici internazionali rischia di produrre una frammentazione normativa senza precedenti, costringendo le aziende a operare in un contesto sempre più instabile e disomogeneo. Il risultato è l’emergere di una nuova stagione di incertezza, in cui la mitigazione dei rischi politici e di compliance diventano elementi centrali della strategia d’impresa.
La gestione del rischio sanctions tra instabilità geopolitica e nuove Linee Guida EBA

L’evoluzione dei paesi sottoposti a sanzioni dal 2001 al 2025
Come ci è stato spiegato chiaramente, lo scenario geopolitico non è dei migliori. E all’aumentare della complessità del sistema corrisponde un aumento della complessità del framework normativo necessario a regolarlo.
A fare luce sulle strategie di compliance migliori per non incorrere in errori ci pensano Andrea Barnaba - partner della business unit “Governance, Risk & Compliance” di KPMG Advisory – ed Emanuele Santarpia - manager della business unit “Governance, Risk & Compliance” di KPMG Advisory.
In un quadro internazionale caratterizzato da relazioni economico-finanziarie tra Stati, imprese e individui sempre più tese e intricate, l’instabilità e il rischio geopolitico hanno ormai assunto una dimensione tanto rilevante quanto inattesa.
In tal senso, negli ultimi anni l’Unione Europea e i suoi partner hanno intensificato il ricorso a pacchetti sanzionatori che spaziano da misure restrittive contro Stati terzi (e.g. Russia, Iran, Myanmar), a sanzioni mirate contro individui ed entità coinvolte in violazioni dei diritti umani, proliferazione di armi di distruzione di massa o terrorismo.
Pertanto, anche la complessità del quadro normativo applicabile e dei connessi rischi di non conformità è aumentata in maniera esponenziale, imponendo alle istituzioni finanziarie un presidio strutturato e proattivo alla gestione del rischio. Le Linee Guida EBA/GL/2024/14, che definiscono il framework per garantire l’attuazione delle misure restrittive, si collocano in questa direzione.
Nel dettaglio, le citate Linee Guida applicabili dal 30 dicembre 2025, richiedono:
>l’adozione di una governance strutturata, ivi inclusa la nomina del Sanctions Officer;
>l’effettuazione di una valutazione, almeno annuale, dell’esposizione alle misure restrittive;
>politiche interne per garantire l’osservanza delle misure restrittive;
>formazione continua del personale coinvolto.
In parallelo, le Linee Guida EBA/GL/2024/15, anch’esse applicabili dal 30 dicembre 2025, si concentrano sullo screening, richiedendo agli intermediari di dotarsi di strumenti adeguati a garantire controlli tempestivi ed efficaci.
Alla luce delle considerazioni esposte, risulta imprescindibile per gli intermediari dare dignità autonoma alla materia delle sanzioni internazionali, adottando un approccio proattivo, fondato su una governance solida, un costante presidio normativo e l’impiego consapevole di soluzioni tecnologiche avanzate.
Con riferimento a queste ultime, l’intelligenza artificiale può migliorare sensibilmente l’efficacia e l’efficienza dello screening dei nomi e dei pagamenti rispetto agli approcci tradizionali, grazie alla capacità di analizzare grandi volumi di dati in tempo reale e ridurre i falsi positivi attraverso modelli predittivi e Natural Language Processing.
Tali soluzioni agevolano il riconoscimento di alias, traslitterazioni e comportamenti elusivi e possono rappresentare efficaci strumenti per affrontare le crescenti sfide nell’individuare i soggetti sanzionati e/o le loro entità schermate, nonché intercettare complesse pratiche di elusione e/o circonvenzione, coniugando precisione analitica e scalabilità, a fronte di una riduzione, nel medio-lungo termine, di costi operativi e il rischio reputazionale.
Le prime sanzioni internazionali al mondo

L’Italia fu il primo paese nella storia a essere colpito da un pacchetto di sanzioni internazionali da parte di un organismo sovranazionale. È il 3 ottobre 1935 e la dittatura fascista ha appena aggredito l’Etiopia, stato membro della Società delle Nazioni, la prima organizzazione intergovernativa mondiale nata a seguito della prima guerra mondiale.
L’art. 16 della Convenzione della Società delle Nazioni recita che qualora uno Stato membro dichiari guerra ad un altro Stato membro, gli altri Membri sono obbligati a “rompere immediatamente tutte le relazioni commerciali o finanziarie, a proibire ogni rapporto fra i loro nazionali e quelli dello Stato in rottura di patto e a far cessare ogni comunicazione finanziaria, commerciale o personale fra i nazionali di questo Stato e quelli di ogni altro Stato, Membro o non della Società”.
Il 6 ottobre Società delle Nazioni applica l’art. 16 per la prima volta e il 18 novembre le il primo pacchetto di sanzioni della storia entra in vigore contro l’Italia.
Le sanzioni vietarono l'esportazione di prodotti italiani e l'importazione di materiali bellici. Tuttavia, materie prime vitali come petrolio e carbone, di cui l'Italia era carente, furono escluse. Gran Bretagna e Francia giustificarono questa esclusione sostenendo che l'Italia avrebbe potuto facilmente rifornirsi da Stati Uniti e Germania, paesi non membri della Società. In particolare gli USA, pur condannando l'attacco, giudicavano ipocrite le sanzioni proposte da potenze coloniali.
Per assicurare il rispetto delle misure il governo britannico inviò a pattugliare il Mediterraneo la Home Fleet, composta da 33 mezzi tra corazzate, incrociatori, sottomarini e portaerei.
Le sanzioni generarono costi elevati per l’Italia, inefficienze e una qualità inferiore dei beni, abbassando ulteriormente il tenore di vita e la competitività del sistema produttivo, che si sosteneva artificialmente attraverso sussidi e una marcata concentrazione oligopolistica. Tra i beni colpiti rientrò anche il caffè e la risposta autocratica portò alla diffusione del caffè di cicoria, bevanda dal sapore simile ma totalmente priva di caffeina e quindi di qualunque effetto stimolante.
Le sanzioni restarono in vigore solo un anno e ancora oggi rappresentano un esempio dell’efficacia variabile di questo strumento, in grado soprattutto di accelerare dinamiche interne preesistenti (nel caso dell’Italia dell’epoca la caduta verso l’autarchia e l’isolamento internazionale).
Rerum Publicarum

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